Visualizzazione post con etichetta Dolci. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Dolci. Mostra tutti i post

lunedì 20 marzo 2017

Le sfingi di San Giuseppe







A San Giuseppe, a Leonforte sacro e profano si incontrano. Nel viatico di sacrificio e di ringraziamento, il popolo di devoti, ingozzandosi di polpette di finocchietto selvatico, cardi in pastella e altri prodotti di origine contadina (il tutto inaffiato da abbondanti vini padronali), in ultimo non disdegna il dolce.
E voilà! Dalla crepitante frittura di olio d'oliva zampillano dorate biglie di pasta lievitata.

Approfondimenti dal web:

"L'Artara di San Giuseppe a Leonforte è una tradizione lunga 400 anni. Le Tavolate sparse in tutto il territorio comunale vengono invase da tanti viaggiatori che giungono nella città della Granfonte per una delle feste più sentite dalla comunità.


Numerosi gli altari che a partire dal pomeriggio del 18 marzo vengono visitati da tantissime persone che giungeranno a Leonforte per trascorrere una serata all’insegna della devozione ma anche per gustare vini, cardi, sfingi, finocchi, “pupidduzzi” (il noto pane benedetto) ed altri prodotti tipici offerti e distribuiti gratuitamente dagli organizzatori. 
Per tutta la notte fino alle prime luci dell’alba, una moltitudine di gruppi festosi si riversa per le antiche strade di Leonforte impegnata a "girari l’Artara". Un lungo peregrinare alla ricerca degli altari segnalati, un tempo con una semplice scatola di scarpe foderata e illuminata su cui si leggega W S.G. (Viva San Giuseppe), oggi magari sostituita da una stella punteggiata di numerose luci.


Gli altari o tavolate sono realizzate da chi ha "fatto voto” e consistono in una grande tavola imbandita oltre che di pane lavorato in particolarissime foggie (le “cuddure”) anche dei più disparati alimenti, primizie, bevande, dolciumi. Il pane è sicuramente l’elemento fondamentale dell’altare, ed agli inizi doveva di certo rappresentare la ragion d’essere dell’altare stesso per il significato atavico che vi si attribuiva di “Grazia di Dio”.


Questi enormi pani che troneggiano sulle tavolate, vengono confezionati con squisita arte dalle massaie del vicinato e rappresentano vere e proprie sculture riproducenti santi o istoriati con fregi e motivi vegetali. La preparazione dell’altare, appunto, richiede l’apporto e lo sforzo dell’intero vicinato (S. Giuseppi voli traficu: S. Giuseppe esige un estenuante lavoro) oltre che per la lavorazione del pane, anche per la preparazione delle varie frittate di cardi e finocchi, di sfingi, fave, ceci bolliti, non tutta roba che andrà a finire sull’altare, bensì distribuita alle centinaia di visitatori durante la lunga veglia del 18 marzo. L’altare viene concluso dal “cielo”, ovvero da un drappeggio di veli da sposa disposti ad arte come un baldacchino, e da una immagine del Santo posta, tra i veli, proprio di fronte.


La lunga notte della girata dill’Artari
Quando Leonforte è letteralmente invasa da una moltitudine di visitatori provenienti da ogni parte della Sicilia. Per ogni parte si avverte il tramestio di persone e di gruppi che si incontrano, si aggregano, si separano. Si assiste ad una coloratissima, variegata umanità che, magari accalcandosi per guadagnare l’accesso ad anguste casette del centro storico, raggiunge faticosamente la stanzetta dove è allestito l’altare.


Lì ci si vedrà coinvolti nella particolarissima coreografia che accoglie i visitatori. I padroni di casa ed i vicini che hanno lavorato saranno in parte sobriamente seduti lungo il muro a fare da cornice all’altare, assiepati nel breve spazio che resta nella stanza; altri si noteranno affaccendati a distribuire pietanze tipiche.


Si potrà anche assistere alla recita delle raziuneddi: preghiere dialettali che narrano la vita di Gesù, di solito dette da intraprendenti ragazzini che così si guadagneranno i pupiddi da portare al collo tenuti insieme da uno spago fatto passare attraverso il foro centrale del pane, fregiandosi di questa insolita collana col medesimo orgoglio con cui un Generale sfoggia le sue mostrine. 
A mezzogiorno del giorno 19, si giunge alla cerimonia conclusiva con la partecipazione dei santi ai quali verrà distribuito quanto imbandito sull’altare. Questi, all’inizio della tradizione, erano reclutati tra le famiglie più indigenti, quando la povertà endemica molto diffusa dava luogo a situazioni desolate di vera fame. Ciò consentiva, ai poveri di ricevere quanto permettesse loro di che sostentarsi per qualche settimana; e all’artefice dell’altare di assolvere al voto fatto. Ad ogni santo, con precisi rituali, viene distribuito un corredo di vivande consistente in un porzione o piatto di ogni cosa, non prima però che il padrone di casa, con un rito che vagamente ricorda quello dell’ultima cena, abbia provveduto loro alla lavanda ed al bacio dei piedi."



Sfingi di San Giuseppe


Ingredienti:

1 Kg di farina 00
500 g di patate bollite
3 cucchiai di zucchero
acqua tiepida q.b.
1 cucchiaino di sale
1 bustina di lievito disidratato


Setacciate la farina e aggiungete la bustina del lievito. Unite le patate, lo zucchero e il sale e lavorate per dieci minuti circa con acqua tiepida quanto basta. L'impasto deve risultare molle.
Mettete a lievitare fino al raddoppio.
In un ampio tegame mettete l'olio d'oliva, indi fatelo riscaldare bene e iniziate a versate l'impasto con un cucchiaio in modo che si creino delle "palline".
Fatele scolare su carta assorbente e poi cospargetele di abbondante zucchero.

giovedì 24 novembre 2016

Tiramisù delle stelle



 
Questo mese la sfida n.61 dell'MTChallenge verte sul Tiramisù, uno tra i più noti ed intriganti dolci italiani.
La ricetta ce la propone Susy May del blog Coscina di Pollo, che ha vinto la sfida del mese scorso.
Una sfida a dir poco allettante, ma - la rima è d'obbligo - la cara Susy l'ha resa alquanto "piccante", visto che gli ingredienti da usare, stavolta, dovevano mescolarsi a scene cinematografiche, e meglio se sexy.
All'inizio, è stato buio totale, poi la mia scelta cinematografica è ricaduta su un film ove si respira l'aria antica della mia nuova terra, la Sicilia.

CIAK, SI GIRA!

Nella Sicilia del 1953, Joe Morelli gira con un autocarro, un tendone e una macchina da presa: si presenta come inviato di una casa cinematografica romana e invita la gente a fare provini per la cifra di 1500 lire, promettendo fama e denaro e dispensando a chiunque lodi e incoraggiamenti su una probabile carriera attoriale. In ogni paese il suo arrivo suscita entusiasmo, senza distinzione di età o censo.
Al richiamo della cinepresa accorrono, tra gli altri, dei banditi che si erano dati alla macchia e un maresciallo dei Carabinieri, che non resiste alla tentazione di farsi riprendere mentre recita un passo della Divina Commedia. Ma sarà proprio lui, dopo alcuni mesi, a smascherare Morelli come ciarlatano e truffatore. Il materiale filmico di cui fa uso è infatti scaduto e inutilizzabile. Oltre all'arresto e al pubblico ludibrio, sulla strada per il carcere, Morelli deve subire anche la vendetta di una famiglia mafiosa, del cui decano aveva finto di riprendere le esequie e la camera ardente.


Con la complicità suo malgrado del maresciallo, che lo "consegna" per alcuni minuti, viene impietosamente pestato e umiliato, davanti agli occhi di Beata, una giovane ragazza, fino a quel momento all'oscuro di tutto, con la quale aveva legato sentimentalmente e che si era innamorata di lui, nella speranza che la portasse lontano dal suo paese.Morelli, dopo avere scontato la pena, si metterà in cerca di lei, fino a trovarla in una casa di cura, traumatizzata irreversibilmente per il colpo subìto. Lei non lo riconosce e sciorina soltanto frasi sconnesse. 
A Morelli non resta che recuperare il suo camion, dove Beata per molto tempo aveva dimorato, e lasciare la Sicilia, ripensando a tutta quella umanità che aveva visto passare nel suo tendone, a quei provini quasi sempre spontanei che sono rimasti impressi uno sull'altro su una stessa vecchia pellicola, ma che
rivivono nitidamente nella sua memoria.

E il sexy? direte...l'ho rimodulato il mio concetto, visto che - cinematograficamente - non adoro il genere.
Non necessariamente tra i logori, moderni erotismi, ma tra quelle polverose strade, tra quei visi di donna che sfidavano l'arretratezza per raggiungere l'eternità, ma - soprattutto - nell'amore tenero e primordiale di Beata, e - infine - nella sua fedele follia, ho respirato sensualità. E, allora, sia reso siculo e tragico il nostro dolce: si usino la sierosa ricotta (di agreste richiamo) unita al mascarpone, la granulosa cioccolata di modica e la croccante granella di mandorle al posto del più lontano cacao, si innaffi tutto con i dolci nettari dell'isola (malvasia, moscato) al posto del caffè.Sì che tutto torni quando, assaporatone il primo cucchiaino, affiori
intatta - malinconica e sexy - l'appena vista pellicola del Maestro Tornatore.

Con questa ricetta partecipo all'Mtchallenge n.61 






TIRAMISÙ DELLE STELLE

Per i savoiardi

110 g farina 00
50 g fecola di patate
125 g zucchero
100 g albume d’uovo
80 g tuorlo d’uovo
25 g miele (di acacia o millefiori)
i semi di 1/2 bacca di vaniglia
zucchero a velo

Separate gli albumi dai tuorli.
Montate gli albumi con le fruste elettriche; quando raddoppiano di volume aggiungete in due o tre volte lo zucchero, sempre montando ed aumentando la velocità. Dopo circa 10-12 minuti saranno montati a neve ferma.
Nel frattempo sbattete i tuorli con il miele, quindi unite questo composto alle chiare montate usando una spatola e con movimenti dal basso verso l’alto.
Unite quindi la farina e la fecola setacciate e i semi della bacca di vaniglia, sempre con lo stesso movimento. Fate pochi movimenti, rapidi ma delicati.
Pre-riscaldate il forno a 180°C.
Riempite un sac-à-poche con bocchetta liscia  da  10-14 mm. Formate dei bastoncini lunghi circa 8 cm su una teglia coperta di carta forno e leggermente imburrata.
Spolverate con lo zucchero a velo, aspettate che sia assorbito e spolverate di nuovo (servirà a far venire la crosticina superficiale). Quando li infornate lo zucchero dovrà essere completamente assorbito.
Cuocete in forno già caldo (e possibilmente statico) per i primi 3 minuti con lo sportello chiuso e poi per altri 4-5 minuti con lo sportello leggermente aperto (basterà incastrare il manico di un cucchiaio di legno nella porta per mantenerla socchiusa).
Sfornate e fate raffreddare completamente prima di rimuoverli dalla teglia, poiché saranno molto morbidi.


Per la granella di mandorle

mandorle sgusciate
acqua corrente

Per spellare le mandorle sgusciate riempite un pentolino abbastanza capiente con dell’acqua e portate a bollore. Togliete il pentolino dal fornello e aggiungete le mandorle, lasciandole soltanto per un paio di minuti. Scolatele e passatele velocemente sotto il getto di acqua fredda. Mettetele su un canovaccio pulito e tamponatele dopodiché spellatele una ad una facendo una leggera pressione nella parte inferiore verso la punta, vedrete che la buccia verrà via in un attimo. Dopo aver spellato tutte le mandorle vi consiglio di farle asciugare bene e dopodiché fatele tostare per qualche minuto in forno a 150° così da esaltare ancor di più il sapore delle mandorle.


Per il tiramisù

 2 tuorli d'uovo
75 g zucchero
150 g di mascarpone
100 g di ricotta vaccina
savoiardi
"Malvasia delle Lipari"
cioccolato di Modica artigianale
granella di mandorle tostate
 
 
 
 
Prendete due tuorli d'uovo e con l'aiuto della planetaria montateli con lo zucchero. Aggiungete il mascarpone e la ricotta setacciata e continuate a girare fino ad ottenere una crema densa e ben omogenea. Riempite il fondo del bicchiere con i savoiardi imbevuti di "Malvasia delle Lipari" e ricoprite con l'aiuto di un sac à poche della crema di mascarpone e ricotta.  Aggiungete pezzettini di cioccolato di Modica artigianale (io ho utilizzato un cioccolato fatto in casa, dalla Sig.ra Vittoria, che me ne fa dono ogni anno).  Continuare con i savoiardi imbevuti, e così via. Finite decorando con la crema, il cioccolato e la granella di mandorle.
 

martedì 5 aprile 2016

Ciambella di cioccolato al Nero d'Avola




Come vi avevo anticipato qui eccovi la ricetta della ciambella di cioccolato al Nero d'Avola.....vi posso assicurare che è buonissima sia per grandi che per piccini. Buona merendina!!!




Ciambella di cioccolato al Nero d'Avola


Ingredienti

100 ml di Nero d'Avola
300 g zucchero a velo
200 g di burro
70 g cacao amaro
160 g farina 00
3 uova
1 bustina di lievito per dolci



In una casseruola versate lo zucchero e il burro e fate sciogliere. Unite il cacao amaro e il nero d'avola e fate cuocere a fuoco moderato fino ad ottenere una crema densa.

Prelevate un bicchiere dal composto e mettetelo da parte.

In una ciotola a parte sbattete le uova e unite poco per volta la farina. Aggiungete la crema di cioccolato e mescolate lentamente e infine il lievito.

Versate in uno stampo imburrato ed infarinato e infornate per 30 minuti a 180°C.*

A cottura ultimata prima di sformare, fare dei piccoli fori e versare parte della crema al cioccolato messa da parte e lasciare riposare coprendo con pellicola.

Prima di servire capovolgete su un piatto da portata e versate sopra la rimanente crema di cioccolato e decorate con granella di zucchero.
 

 Procedimento Cook'in


Versate nel boccale del Cook'in il vino, lo zucchero, il burro a pezzetti e il cacao.
Cuocete per 3" a 50° vel. 4

Dal composto prelevate un bicchiere e mettete da parte.

Unite la farina e le uova e impastate per 1 minuto a vel. 4 e con le lame in movimento aggiungere il lievito per dolci.

Versate in uno stampo imburrato ed infarinato e infornate per 30 minuti a 180°C.

*Procedete come sopra.